mercoledì, marzo 12, 2008

Lillian Faderman

Per molte e per molti questo nome non dice nulla.
L'ho vista e sentita a Torino durante il Convegno "Storia, memoria, narrazione esitenza lesbica tra società, immaginario e letteratura nell’opera di Lilian Faderman", iniziativa inserita nel Programa Torino Capitale del Libro, in collaborazione con le Biblioteche Civiche torinesi, il Servizio per il superamento delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere della Città di Torino, Università di Torino, Dipartimento di Storia contemporanea, Lesb4Pride.
Sarà a Milano questa domenica, al CDM che significa Collettivo Donne Milanesi, ed io ci vado, perchè non la perdo per nulla al mondo.
Chi è Lillian Faderman? Se conoscete l'inglese, potete leggere
qui:
o, magari, ve lo dico io, se vi interessa poco poco. Scusate la lungaggine e la pesantezza ma è che voglio che sappiate che mi muovo, che ci muoviamo e che si fa qualcosa, in giro per le città e nel mondo.
La storica Lillian Faderman ha contribuito in modo sostanziale ad aprire – sia nell’ambito universitario che presso il grande pubblico - un campo di studi avvolto dal mistero: la storia lesbica.
E di questo mistero ha svelato “segreti, silenzi e bugie”, come la scrittrice Adrienne Rich ha definito gli ingredienti del “mondo comune delle donne.
Faderman afferma:
“La storia lesbica è stata, fino a pochissimo tempo fa, praticamente inesistente. A generazioni di donne che si sono identificate come lesbiche è mancata la dignità di una storia, perché era impossibile, di fatto, scriverla”.
“Surpassing the Love of Men” del 1981, che le ha dato il successo, è ormai diventato un classico. Durante la stesura di questo libro, che copre l’arco temporale dal Rinascimento all’epoca attuale, Faderman appura che è “praticamente impossibile studiare la corrispondenza di una qualunque donna del diciannovesimo secolo”, sia in America che in Europa, “senza scoprire, prima o poi nella sua vita, un appassionato legame d’amore con un’altra donna”. E, in particolare, lo studio del rapporto amoroso a metà Ottocento fra la poeta Emily Dickinson e Sue Gilbert, in seguito pesantemente censurato, le rivela l’esistenza di un contesto lesbico molto diffuso e socialmente accettato nel periodo romantico. Un tessuto femminile di solidarietà ed amore, codificato nel “matrimonio bostoniano”, che la reazione maschile alla “donna nuova” indipendente criminalizza e patologizza dopo pochi decenni mediante un’aggressione religiosa, politica e “scientifica” senza precedenti.
Ipotesi confermata dal suo libro successivo,
“Scotch Verdict” (Verdetto scozzese) del 1985. Qui Fardeman analizza il processo intentato da una coppia di insegnanti, Jane Pirie e Marianne Woods, che nel 1881 avevano fondato una scuola femminile a Drumsbeugh, presso Edimburgo, contro la nobildonna Helen Cumming Gordon. Quest’ultima, nonna di una sedicenne che frequentava la scuola, le aveva accusate di “condotta indecente” istigando i genitori delle altre ragazze iscritte a ritirarle dall’istituto. Il processo si era concluso nel 1819 a favore delle due donne, condannando la Gordon a pagare un sostanzioso risarcimento finanziario. Ma questo “happy end”, oltre un secolo dopo, venne completamente stravolto dalla moralizzazione punitiva con la quale raccontò la storia Lillian Hellman nella commedia “The Children’s Hour” del 1934, fonte del film hollywoodiano “Quelle due” dell’inizio degli anni Sessanta in cui una delle insegnanti si suicidava e l’altra tornava all’eterosessualità. Epilogo radicalmente alterato, poiché nella realtà Miss Pirie e Miss Woods vissero per sempre insieme felici e contente.
“Odd Girls and Twilight Lovers” (Strane ragazze e amanti crepuscolari) del 1991 è una storia della vita lesbica nel XX secolo negli Stati Uniti. Da esempi illustri di lesbiche “in the closet” (nell’armadio, nascoste) come Eleonor Roosevelt, che per una buona parte dei suoi anni da first lady ebbe una solida relazione amorosa con la giornalista Lorena Hickok, Faderman passa all’analisi delle “subculture” lesbiche degli anni Cinquanta durante la caccia alle streghe maccartista, una fase in cui “se la conformità politica era essenziale alla sicurezza nazionale, la conformità sessuale venne considerata, per una logica perversa del potere, non meno essenziale”. Ma anche in quello che fu forse “il peggior periodo di tutta la storia per le donne che amano le donne” e che schedava gli omosessuali come malati e/o pervertiti, le “butch”, le “femme” e le “kiki” riuscirono a “sopravvivere in un mondo ostile” creando una “geografia lesbica” di bar, squadre di softball e feste private, destreggiandosi tra raid della polizia e brutali aggressioni.
Faderman si è occupata con passione e cognizione di causa anche di storia della letteratura lesbica, curando nel 1994 “Chloe plus Olivia”, un’ampia antologia dal XVII secolo ad oggi. Il titolo viene da un brano di “Una stanza tutta per sé” (1929), in cui Virginia Woolf immaginava una romanziera del futuro che sarebbe stata capace di esplorare un territorio largamente ignorato scrivendo sui rapporti delle donne tra loro, sulla vita di Chloe con Olivia. Sottolinea Faderman nella prefazione alla raccolta: “Woolf prediceva ciò che ai suoi giorni le sembrava impossibile: una letteratura non medica che avrebbe tolto la maschera al tema dell’amore tra donne”. Proprio quello che è accaduto a livello di massa quando le “amazzoni” del movimento politico di liberazione delle lesbiche hanno infranto le regole della “scrittura in codice” che la stessa Woolf aveva praticato.
In “To Believe in Women: What Lesbians have done for America” (Credere nelle donne: ciò che le lesbiche hanno fatto per l’America), uscito nel 1999, Faderman ha invece ricostruito il “debito simbolico” con quelle lesbo-antenate storiche “che hanno lasciato in eredità a tutte le donne il voto, l’istruzione superiore, l’accesso alle professioni, e all’America una coscienza sociale”.
Infine, nel libro “Naked in the Promised Land” (Nuda nella terra promessa) del 2003, Faderman ha raccontato anche la storia di se stessa. E’ nata nel 1940 nel Bronx, a New York, da una ragazza madre ebrea immigrata dall’Est dell’Europa, che aveva perso la sua famiglia nell’Olocausto e lavorava in fabbrica. Da giovanissima Lillian coltivò l’”American Dream” di diventare una stella del cinema, naufragato in un lavoro di spogliarellista mentre nascondeva il suo lesbismo. Poi, dopo una strada irta di ostacoli, l’ascesa sociale verso la sua attuale posizione di brillante accademica e di scrittrice; e la decisione, nel 1975, di concepire un bambino con l’inseminazione artificiale, allevandolo con la sua amante. Una vicenda personale che, insieme ai risultati delle sue ricerche, ha fatto di Faderman una sostenitrice della teoria che “non ci sono costanti nel lesbismo”, ma una perenne mobilità.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

non c'è che dire..interessante davvero. La storia di donne omosessuali è sconosciuta, qualcosa si sa di più degli uomini, ma le donne...nulla o quasi.
oppure sono io che mi disinteresso?
Francamente per stimare una persona non ho bisogno di sapere le sue scelte sessuali. Mi rivolgo alla persona nella sua interezza.

rosipoli ha detto...

se tutti fossero uguali a te, titti mia cara, non ci sarebbe bisogno di lotte e movimenti e associazioni e pride e manifestazioni varie.
Questo del blog è un mio modo di portare anche a voi una realtà, magari, sconosciuta.
Se potete, divulgate. Perchè sapere è sempre meglio di non sapere o, peggio ancora, di non voler sapere e conoscere è cultura.
Ti abbraccio.

rosipoli ha detto...

gli errori di doppie sono il risultato dei copiaincolla e dell'impossibilità di correggere. Blogspot vive di vita propria, anzi, che mi permette di scrivere.
Titti, vedo cha abbiamo gli stessi orari noi ! Ma a scuola, con che faccia arriviamo, eh????

Anonimo ha detto...

io con le occhiauie, cronico ritardo ..sulla campanella, in corsa che urlo alla custode..ornè aspeetaaaamiiii non chiudereeee! arriivvoooooo!
stamani ero l'ultima,(dopo i bimbi) e patrizia custode" come la regina!"
ed io "beati gli ultimi, saranno i primi...ad andare via...!"