martedì, agosto 26, 2008

Narcisi

Che poi è anche il nome di un fiore...
Chi riconosciamo nella descrizione? C'è sempre un narciso nei nostri vasi.

Vi sono individui che, per cause diverse, trovano difficoltà a distaccarsi facilmente dal grande narcisismo originario. Per loro, anche da adulti, gli altri non saranno mai veramente importanti, al centro del loro mondo vi sarà sempre e solamente il proprio sé.
Hanno una difficoltà enorme ad avere e mantenere rapporti relazionali veri con gli altri, a dare e ricevere affetto ed amore ed a sentirsene gratificati in modo adeguato. Se il narcisismo è patologico che ne è affetto prova amore non per gli altri individui reali, ma per ciò che il proprio narcisismo riconosce in loro di simile.
Come si presenta la personalità narcisistica adulta?
È caratterizzata da una visione di aspetti contraddittori: da un lato tali persone hanno un concetto molto elevato di sé, e dall'altro provano un bisogno sproporzionato di riconoscimento da parte degli altri.
Invidiano gli altri, tendono ad idealizzare alcune persone dalle quali si aspettano riconoscimenti e gratificazioni, mentre svalutano e disprezzano gli individui da cui non si attendono nulla. Al fondo di questo duplice atteggiamento verso gli altri (timore-ammirazione da un lato, svalutazione dall'altro) vi è l'immagine di un sé esteriormente forte e sicuro, ma in realtà vuoto perché affamato e non nutrito a sufficienza, pertanto assalito da una collera enorme ed impotente per la frustrazione che subisce (come un bambino molto piccolo che piange perché non viene sfamato al momento giusto).



Un'esperienza soggettiva riferita spesso da queste persone è la sensazione di vuoto : tale vuoto indica sia la difficoltà ad essere in un buon rapporto con sé stessi (con le proprie capacità a “fare cose buone”), sia con gli altri. La personalità narcisistica non sta bene con sé stessa e non sta bene con gli altri, non ama sé stessa e non ama gli altri.
Questi individui sono spesso invidiosi, tratto legato a forti desideri orali insoddisfatti.
Altra caratteristica che li contraddistingue è una tendenza alla seduzione calcolata ed alla manipolazione dell'altro.
Provano tutti un forte distacco dalle proprie emozioni, positive o negative, che spesso non sono nemmeno in grado di riconoscere.
La sessualità è vissuta a livello di “conquista da esibire”, ma, una volta esauritasi la fase della conquista, il seguito non esiste.
Tutte queste personalità hanno un vero e proprio terrore della vecchiaia, più che della morte, e paura dell'assumersi delle responsabilità, anche se possono ostentare, esteriormente, una grande sicurezza.
La “personalità narcisistica” per stornare collera, invidia e paura di non essere all'altezza, si culla in fantasie di bellezza, ricchezza ed onnipotenza. Questi fantasmi diventano il nucleo di una concezione di sé grandiosa, apparentemente capace di tutto.
Ne consegue che facilmente, quando subentra uno scontro grave con la realtà, tali individui vadano letteralmente in pezzi.
Proprio questo avviene nella seconda metà della vita, quando insorge il fantasma della vecchiaia o, nel corso della vita stessa, in presenza di lutti, separazioni, eventi importanti.



venerdì, agosto 22, 2008

che disastro !


Sarebbe stato bello vivere in un paese nel quale, di fronte alla morte, almeno di fronte a quella, non ci fosse la paura delle parole.insieme al dolore per la grande perdita.
Parole come” Domenico e il suo compagno” ,” il figlio della coppia”…
Parole che sarebbero state usate, se questa fosse una coppia appartenente a quel preciso modello di società verso il quale ci indirizzano continuamente, quel modello che nega il diritto di cittadinanza a chi si discosta da esso.
Nemmeno da morti si hanno dei diritti.


Domenico diceva che «solo chi sa sognare può volare» e chi l'ha conosciuto giura che quelle parole non avevano niente a che fare con la sua professione di steward.
Aveva 41 anni e la pretesa di chi è felice: vivere cent'anni assieme alle persone più amate. Pierrick e il suo bambino di tre anni, Ethan: erano loro quelle persone. Erano la sua «famiglia», le sue vacanze, i suoi sogni, i suoi coinquilini nella bella casa di Parigi, «una piccola reggia accogliente e calda » come racconta il cugino.
Ed invece delle semplici parole, man mano che la notizia arrivava ,insieme al dolore, fra quel misto di paura, disagio, rifiuto ed ipocrisia, si avvertiva un grande imbarazzo.
Insomma, eccola qua, l’omofobia e l’infinita tristezza.



Sarebbe stato bello vivere in un paese dove le cose vengono raccontate per quelle che sono, principalmente le belle cose ed, invece:

Da Repubblica:

“Un cugino omonimo di Domenico Riso spiega che l'assistente di volo stava andando in vacanza con il suo amico francese Pierrick Charilas, ex campione di aerobica, e il figlio di quest'ultimo, Ethan, di tre anni. "Domenico adorava il bimbo come fosse suo figlio", aggiunge. Nella lista dei passeggeri figurano sia Pierrick che Ethan Charilas, entrambi periti nella sciagura.”


Da Il Giornale:

“Il mistero del bimbo "Domenico stava andando alle Canarie con il bimbo di 3 anni che aveva in affido. Insieme con loro c’era un amico di Domenico, Pierrick". L'amico è Pierrick Charilas, ex ginnasta francese, 30enne. E sulla lista dei passeggeri al nome Ethan corrisponde lo stesso cognome Charilas, quindi il bimbo potrebbe essere figlio dell'amico di Riso. Del bimbo parla Domenico Riso, il cugino omonimo che era andato a trovare lo steward appena 3 mesi fa. "Era un bambino francese di 3 anni - ha detto ai giornalisti - e Domenico mi disse che lo andava a prendere spesso per trascorrere insieme qualche giorno. Il suo nome era Ethan". Ma in famiglia preferiscono non parlare del bambino in affido. Il prossimo 2 settembre Domenico Riso sarebbe dovuto partire nuovamente per Parigi ospite del cugino omonimo.“

Dal Corriere della Sera:

IL BAMBINO - Dapprima si pensava che la vittima italiana fosse un bambino. Un ragazzino ci sarebeb comunque stato: Ethan Charilas, figlio di un amico di DOmenico. A rivelarlo è un cugino della vittima italiana, che porta il suo stesso nome, Domenico Riso: «Mio cugino era in viaggio verso le Canarie col suo amico Pierrick Charilas e suo figlio Ethan di tre anni. Domenico adorava il bimbo come fosse suo figlio». Sia Pierrick sia il figlio risultano tra i morti. «Tre mesi fa - ha aggiunto il cugino - sono andato a trovarli nell'appartamento che avevano vicino Disneyland a Parigi. Mi hanno accolto in una bellissima casa e ho fatto una cena principesca. Mio cugino aveva arredato una stanza per il bambino con tanti giocattoli e ovunque andavamo con noi c'era Ethan». «Mi aveva detto - ha detto ancora - che quest'estate sarebbe venuto a Isola invece all'ultimo momento mi ha detto che andava alle Canarie con l'amico e il bimbo e che sarebbe tornato qui a Natale. Purtroppo non c'è più e di lui mi rimane solo un sms che custodisco nel cellulare».

...E continuano su questo tono...
Ma quand’è che impareremo ad usare le parole per dire ?

lunedì, agosto 18, 2008

d'amore e d'odio


Quando ho visto che si trattava di un romanzo che abbracciava un secolo di Storia mi sono un po’ spaventata visto la mia poca memoria per date e nomi ma, un romanzo “ al femminile” ed in più, scritto da una donna, messinese per giunta, mi ha incoraggiata alla lettura.
E ho fatto bene. Questa estate, sotto l’ombrellone, ho letto questo bellissimo libro come se assistessi ad un’opera teatrale.
La tecnica narrativa usata da Maria Rosa Cutrufelli, mi ha aiutata a non confondermi fra personaggi ed eventi ed in più, ha reso la lettura veloce e piacevole.
Nora, Elvira, Isa, Leni, Carolina, Sara e Delina si muovono sulla penisola e su periodi storici e fanno conoscere le loro vicende attraverso altre persone che, in ogni capitolo ( che si leggono come dei tempi teatrali) simulano un dialogo con un interlocutore.
I tempi sono rappresentati da una data e dal nome di una donna che sono i titoli di ogni capitolo nei quali si intrecciano le storie dei personaggi con la grande Storia.
Donne:
che si rendono indispensabili come crocerossine agli inizi del 900 e che dimostrano di essere degli esseri pensanti;
che si oppongono alla guerra;
sindacaliste e socialiste che pagano cara la loro scelta;
che ottengono il diritto al voto.
Donne ribelli, forti, combattive.
Dal 1917 si arriva, attraverso le vicende di queste donne appartenenti alla stessa famiglia, anche se non discendenti in linea diretta, al 1989 con l’esultanza, a Berlino, per la caduta del muro.
In questo quinto tempo della storia, nel quale la narratrice rivela il suo amore per Carolina, in uno struggente, a volte, dialogo con la madre, ho collegato quel muro che cadeva con un muro di pregiudizi che, volendo, si riesce ad abbattere.
Toccante, per me, che ho abitato per quattro anni, in quel “ triangolo della morte” formato dalle città di Augusta, Priolo, Mellili, il penultimo tempo, nel quale si narra con maestria una realtà poco conosciuta nel resto d’Italia. La speranza della popolazione in quel “ progresso” che si è presentato, come opportunità per quella zona, nel 1994, per poi rivelarsi , con l’inquinamento criminale e la distruzione dell’ambiente, degrado, malattie e morte.
Tristi, quasi angoscianti, i due ultimi tempi, quello della distruzione dell’ambiente e dei barconi carichi di clandestini, come se il romanzo, che inizia con la guerra e quindi, con la distruzione la miseria e la morte, dopo un secolo, finisse quasi allo stesso modo.
Il che, ci fa pensare…

lunedì, agosto 04, 2008

ex voto





...CE LA FARO'?
























...ce la faro'?









ce la faro' ?












CE LA FARO'?


















MA SI...


Forse ce la faro'...