sabato, ottobre 16, 2010

vado vivendo


Oggi ho comprato la legna e ho acceso il caminetto. Me ne sono accorta, di colpo, che l'estate è proprio finita.
Ed io non ho finito il libro. Mi mancano tre righe. Tre miserabili righe.
Oggi si va a ballare, ieri sono andata a trattare per il buffet di presentazione, qui a Brescia, dell'ultimo libro di Margherita Giacobino, giovedì sono stata in radio...
e così vanno i giorni.
Contrattazione sindacale, assemblee, lotte, una lite fra consiglieri in Consiglio Comunale e un'aggressione verbale da parte dei peones fuori del Consiglio, denuncia alla Procura, guerra dei volantini, la macchina distrutta mentre era posteggiata sotto casa e l'assicurazione fa pure storie, quindi, chissà che storie...
Ma che storie eh?
Negli intermezzi, invece di finire il mio libro, leggo quelli delle altre e scrivo pure qualche recensione.
Questo è stato proprio uno di quelli belli belli.
Ve la copio e ve la incollo.
Quello che mi ha stupita, leggendolo è come, fra tante altre cose descritte benissimo, una scrittrice " non lesbica" così mi sembra, abbia saputo descrivere alcune situazioni " da manuale" nelle quali ci troviamo quando incappiamo nella indecisa di turno.
Emma Dante è un'artista molto molto interessante.
La recensione.



Via Castellana Bandiera
Emma Dante
Rizzoli- Collana La Scala

Premio Vittorini 2009
Premio super Vittorini 2009



Avevo già sentito parlare di Emma Dante, attrice, registra teatrale e drammaturga, considerata una delle rivelazioni più importanti del panorama del teatro contemporaneo italiano.
Per le caratteristiche proprie dello stile creativo di Emma Dante:
l’uso del dialetto palermitano, la fisicità dei suoi personaggi, la forza e la passione delle donne rappresentate, la virilità ridicola ed esibita, i terribili segreti e la ferocia che si nascondono dentro le “brave” famiglie, ma anche per il suo generoso contributo al Sicilia Pride 2010 con la partecipazione, insieme alla sua compagnia, alla performance teatrale
“ Sei bellissima”,
esibizione strutturata come un collage inedito di brani estratti dai suoi spettacoli, non potevo perdermi il suo primo libro:
Via Castellana Bandiera
Leggendolo ho pensato che il libro ha tutte le carte in regola per diventare uno spettacolo teatrale, visto che la Dante, in questo passaggio dalla scrittura teatrale a quella letteraria, ci fa sentire come a teatro, spettatori di una tragica commedia intrinseca dei personaggi violenti e violentati che caratterizzano tutte le sue opere teatrali.
Per palcoscenico abbiamo una piccola via a doppio senso, quasi un budello,
Via Castellana Bandiera, situata in una brutale e crudele borgata palermitana dove regna un’anarchia che sembra naturale ma è organizzata in clan e famiglie, dove forte è il credo nella famiglia ma, allo stesso tempo, è violenta la sottomissione e lo sfruttamento della famiglia stessa.
In questa specie di terra di nessuno, dove vige la legge del più forte, due donne si contendono la precedenza che, in questo contesto assurdo, può essere intesa in vari modi, in una lotta che genera momenti saturi di rancori non tanto repressi, così potenti da oltrepassare ogni limite della convivenza civile.
In questa lotta per la precedenza, nelle due macchine che si fronteggiano e nelle due donne che non vogliono cedere c’è tanta simbologia. Questo scontro al femminile che avviene ancora una volta a favorire uno strapotere tutto maschile che riuscirà a sbeffeggiare il loro duello e a sfruttarlo, trasformandolo in una gara sulla quale fare scommesse clandestine.
In questa contesa sulla precedenza e sul suo diritto, le due protagoniste di questa storia per certi versi surreale ma realistica,si fronteggiano da sole alla guida dei rispettivi veicoli con accanto tutte le loro insoddisfazioni e il loro mal di vivere.
Ma mano che la storia si complica e il tempo passa inesorabilmente, le due donne continuano a brandire l’unica arma che hanno:
la volontà, sempre più disperata, di resistere e andare avanti, nonostante i morsi della fame e le urgenze fisiologiche.
Due vittime, ognuna a proprio modo, di una violenza subita che si ribellano alle attese altrui e decidono di non mollare e di resistere.
Per conto proprio e senza ascoltare consigli o ordini.
Due donne che rappresentano dei simboli ben precisi di due stili di vita completamente diversi ma unite nel desiderio di riuscire a dimostrare la propria forza.
Sulla Punto, Samira, una vecchia albanese, suocera di Saro Calafiore, che impersona un rozzo capoclan di quartiere della Palermo dell’abuso e dell’abusivismo, capostipite di una famiglia rumorosa e litigiosa che basa la sua coesione sull’odio reciproco, sull’opportunismo, sulla paura e su una schiavitù atavica, fatta di costrizioni e di obbedienza.
Sulla Multipla, Rosa, intestardita sulla propria ragione nell’accaduto, milanese di adozione ma palermitana anche lei, che ha tagliato presto il cordone ombelicale con la propria famiglia, fuggendo da Palermo e da un padre che non accettava l’idea di avere una figlia lesbica.
Samira, inchiodata alla sua macchina come un Cristo in croce,due volte vittima, in quanto albanese e donna, che non è riuscita a liberarsi dai soprusi maschili e da una certa cultura meridionale che continua a relegare le donne in uno stato di sottomissione e Rosa, fiera della modernità conquistata, che in quel suo non arrendersi sembra quasi voler far valere, a costo di qualsiasi sacrificio, una legalità sconosciuta in quei luoghi. Lei che, andando via da Palermo, è riuscita ad emanciparsi, rappresenta la forza di quell’antico orgoglio siciliano che scatena la volontà di ribellarsi ai soprusi.
E’ un gioco di forza fra il nuovo e l’antico in una sfida che blocca la strada per un tempo lunghissimo.
Ognuna per i propri motivi, decisa a non indietreggiare.
Samira con tutte quelle ferite che si porta addosso, donna sradicata per la fame e la miseria dal suo paese, rimasta in quella famiglia sgangherata dei Calafiore anche dopo la morte della figlia, forse vuole conquistarsi l’appartenenza “ ad honorem” al clan e Rosa che in quel preciso momento vede la sua relazione traballare a causa dell’omofobia della propria compagna, forse per riaffermare quel percorso che l’ha portata via da Palermo e conquistare quel rispetto a lei dovuto.
Via Castellana Bandiera rimane bloccata per lunghissimo tempo e si riempie di personaggi grotteschi ma mai caricaturali, di suoni, di rumori, di odori mostrandoci un modo di vivere che ci sembra irreale, anche se tristemente vero.
Dietro le due macchine si crea una coda di veicoli e la folla radunata si divide in fazioni. La contesa andrà avanti per un intero pomeriggio e tutta una notte mentre intorno a loro assistiamo, mentre leggiamo, a liti che degenerano in risse, tentativi di riappacificazioni, urla, esasperazioni, omertà, scommesse, che trasformano quella via stretta come un budello, in un palcoscenico dove si rappresenta la crudeltà del genere umano più becero.
Il libro è scritto in un italiano reso più duro, sporcato e violentato dal dialetto siciliano, come il linguaggio di camilleriana memoria ma, più che quella Sicilia descritta nei vari Montalbano questa Sicilia raccontata dalla Dante, si avvicina a quella in bianco e nero di Ciprì e Maresco.
Un libro che è come una sberla, un calcio allo stomaco e che ci mostra senza risparmiarci nulla una Palermo che diventa metafora, e un mondo che se non riesce a staccarsi dalla palude delle contraddizioni tra il nuovo e l’antico, è condannato all’immobilità.
Romanzo che si legge tutto d’un fiato, che ci costringe a specchiarci in un mondo di soprusi, pieno di furbastri e di prepotenti e colmo di talmente tanta infelicità che, alla fine, siamo invasi da un desiderio di libertà e di un respiro a pieni polmoni.